top of page
  • Immagine del redattorearielshimonaedith

La sirena: urla nella notte

La notte mi accompagna e mi tormenta, ricordandomi costantemente chi sono.

La sirena urla nella notte. Mi sveglio e trovo mio marito con in mano la sua arma d’ordinanza, appostato vicino alla portafinestra. Mi avvicino, il suo indice segna la bocca in un gesto inequivocabile. Mi fa segno di ascoltare invece.

Il rumore dei vasi che si frantumano sulla terrazza sembra un sussurro, coperto dalla violenza della sirena che, ininterrotta, penetra la testa e il cuore.

Anch’io vado a prendere la mia arma, mi pongo al lato opposto della finestra, mio marito apre rapido e inudito la finestra e si attorciglia il nastro della tapparella sulla mano, la aggancia così da bloccarla ma anche da poterla sbloccare rapidamente.

Il lampo degli spari ora è visibile, il rumore attutito probabilmente da un silenziatore. Stanno colpendo tutte le finestre e tutti i balconi sia della nostra palazzina che di quelle attorno. Vetri rotti. La sirena sta coprendo lo scempio.

Facciamo fuoco, quasi alla cieca. Ma non sprecando i colpi, sapendo che sono l’unica nostra difesa. Avremo presto finito i proiettili nel caricatore, nel frattempo si saranno accorti di noi, da dove spariamo, e speriamo non riescano a saltare sul balcone per entrare.

I lampi dei loro spari tacciono mentre la sirena continua a sgolarsi. Si sentono i passi dei nostri vicini di sopra, probabilmente stanno facendo la stessa cosa che abbiamo fatto noi, quelli accanto non si sentono. Le pareti del balcone, che ha una struttura a nicchia, mi impediscono di vedere se accanto qualcuno sta rispondendo al fuoco, che nel frattempo è ripreso.

Mio marito mi fa segno di rientrare, fa cadere la tapparella come una mannaia, non so come fino ad ora non si sia danneggiata, forse la terra uscita dai vasi rotti.

Mio marito è uscito dalla stanza in cui ci trovavamo, sta cercando i proiettili per ricaricare le nostre armi. Vado verso di lui, sono nel corridoio, davanti alla porta dello sgabuzzino, lui è nella stanza in fondo, quella che teniamo per i genitori quando vengono a trovarci: è lì che teniamo armi e proiettili.

«Credo che siano andati via».

Mio marito non sente, la sirena è talmente forte e penetrante da coprire tutto.

Ho la mia arma scarica in mano, ne sento il peso fisico e morale. Ogni volta che la usiamo è straziante per me, so che devo difendermi, eppure l’idea che posso avere colpito una persona mi fa male. Ogni volta è come se colpissi me stessa, come se mi ferissi, come se morissi un pochino. A nulla servono gli addestramenti, gli anni, il succedersi continuo di emergenze assolute. A nulla. Per me, per noi è sempre più difficile ogni volta. Loro diventano sempre più pericolosi, sempre più violenti, sempre più spavaldi, sempre più risoluti a uccidere, mentre noi diventiamo sempre più sicuri di non voler uccidere, di non voler ferire, di volere soltanto vivere.

Due mani grosse, puzzolenti e umide mi afferrano il viso da dietro.

«Pensavi davvero che vi avrei lasciati vivere?!».

Sembra volermi soffocare chiudendomi il viso tra le mani, mi rendo conto che è un gesto inefficace carico soltanto di un odio stupido, sento che spinge il suo corpo conto il mio, da dietro.

Dormivo quando la sirena ha iniziato a suonare, fa caldissimo, indosso soltanto un pigiama leggerissimo, pantaloncini corti e una canottiera.

Sposta una mano sulla mia vita, cerca di abbassarmi i pantaloncini.

Sono presa dal panico, invasa dal terrore di essere violata e poi uccisa.

Mi ha liberato la faccia, stringe la gola, esercita una pressione pericolosa. Ho pochi istanti.

Urlo. Un urlo agghiacciante si rovescia dalla mia gola un attimo prima di essere soffocata, violentata.

Sono sudata, terrorizzata, il cuore batte rapidissimo, nelle orecchie il pulsare del sangue e l’eco della sirena.

Sono sveglia, nel mio letto.

Mio marito mi abbraccia, ha acceso la luce.

Ci guardiamo e ci abbracciamo. È già successo molte volte. Nessuno può togliermi dall’anima la paura, la sensazione costante di essere assediata, di essere in pericolo.

Mi alzo, accendo tutte le luci della casa, guardo sotto il letto, negli armadi, dietro le porte.

«Ma tu non hai sentito la sirena?».

«No, amore, non c’è nessuna sirena».

«Sei sicuro che non stesse suonando fino a poco fa?».

«Certo! Si sentono solo i grilli. Siamo in Italia, ricordi?...».

«Hai ragione, scusa. Torna pure a dormire. Arrivo tra poco».

Mi stringe forte, sento che anche il suo cuore batte rapido, come il mio.

Anche lui conosce il pericolo.

Restiamo con tutte le luci accese fino al mattino. Alle cinque l’alba definisce le montagne e il lago davanti casa. L’aria è fresca, gli uccelli operosi cantano.

L’angoscia mi abbandona. Mi allungo, la schiena si srotola.

Il sole si leva.


4 giugno 2015 - 17 Sivan 5775




71 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page