Posso accettare di dover morire ma non di rinunciare a vivere
- arielshimonaedith
- 9 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Questo tempo ci sta ponendo sempre più spesso di fronte alla pessima relazione che la società mostra di avere nei confronti della morte. Nella maggior parte dei casi sono colta da stupore e mi scopro totalmente impreparata quando mi trovo di fronte ad affermazioni come “se non avesse preso il Covid sarebbe vissuto altri vent’anni”, non che io non tema la morte delle persone che amo e neppure manco di gratitudine nei confronti della medicina quando riesce a salvare vite appese ad un filo o se riesce a rendere tollerabile la vita di chi soffre di una patologia cronica, però non credo che la medicina sia in grado di protrarre la vita per sempre in assoluto, a prescindere da tutto, in qualunque modo ed a qualunque costo. La medicina è tutt’altro che una scienza esatta, quindi di che cosa stiamo parlando?
Credo che la vita sia il dono più grande che riceviamo, ma anche che lo sia nella misura in cui ogni mattina sappiamo ringraziare per non essere morti e facendolo, divenire consapevoli del fatto che così non sarà per sempre, ed è questo che dovrebbe spingerci ad affrontare ogni giorno con energia nella consapevolezza di poter fare il meglio possibile per onorare l’opportunità che ci viene concessa. Possiamo farlo soltanto se accettiamo che la morte esiste, non può essere evitata e non ha senso fingere che così non sia.
Ci sono molte ragioni per le quali abbiamo disimparato la morte, secondo me la prima è quella di essere per lo più distanti dalla natura e quindi di avere perso il contatto con la morte di ogni essere vivente, di avere smesso di vedere morire le piante, gli animali, spesso perfino di veder morire il giorno nella notte. A questo si aggiunge una perdita della fede e della spiritualità in favore di una dogmatica adesione alla scienza medica, come se questa potesse salvarci dalla nostra natura di mortali. Capisco sia più semplice coltivare l’idea che gli esseri umani siano potentissimi e quindi in grado di fermare la morte del corpo, piuttosto che confrontarsi con il dolore della perdita e con la necessità di essere la migliore versione di noi stessi, perché potremmo non avere il tempo di compiere azioni ripartirci prima che il corpo di chi amiamo o il nostro corpo muoiano. Ma purtroppo siamo mortali e soprattutto lo sono le persone che amiamo, quindi prima o dopo dovremo morire oppure confrontarci con la perdita.
Credo che la fatica di molti a lasciare andare chi è malato, chi vegeta in un letto pieno di piaghe da decubito alimentato a forza o più semplicemente un anziano affetto da una forma di demenza senile che non avrebbe tollerato se avesse potuto scegliere, sia esattamente il sentimento di insicurezza e di egoismo che per anni mi ha fatto chiedere a mia nonna di smettere di fumare e mangiare dolci per stare meglio, per stare più a lungo al mio fianco. Errore che faccio ancora con i miei genitori che vorrei avessero cura di sé stessi e evitassero tutto ciò che io ritengo non salutare, pretendendo di sapere cosa sia meglio per loro, convinzione che mi spinge a pensare sia giusto provare a persuaderli a vivere come e quanto vorrei io, così che questo permetta a me di non dovermi confrontare con la malattia o con la perdita.
Negli anni ho visto spesso amici ed amiche ostinarsi a tenere in vita i propri nonni o genitori, lacerandosi in sensi di colpa oppure prendendosela con infermiere ed operatori perché semplicemente cercavano di rendere la sopravvivenza imposta al corpo di quelle povere persone un poco più dignitosa.
Oggi questa epidemia viene spesso usata per cercare di creare una contrapposizione tra giovani e vecchi, tra chi ha una persona cara in casa di riposo o in ospedale e chi no, tutto pur di non confrontarsi con la morte inevitabile, naturale, di ognuno di noi.
Il nemico non è chi vive una condizione diversa dalla mia ed esprime un parere diverso dal mio sulla gestione della malattia o della morte, il nemico è chiunque si arroghi il diritto di impedire ad ognuno di noi di scegliere come vuole vivere ma soprattutto come vuole morire, il nemico è chi finge di avere a cuore la sofferenza degli anziani ma in realtà non pone in atto alcun comportamento finalizzato a tutelare la salute, a favorire condizioni di vita e di cura migliori, unica risposta necessaria rispetto alle condizioni in cui si vive e si lavora nelle RSA o in molti ospedali, da sempre, da prima del Covid. L'unica cosa davvero necessaria è un investimento totale e forte sul sistema sanitario, una gestione oculata e attiva delle risorse, adottare misure concrete d'incremento del personale che lavora e che lo fa da moltissimo in condizioni pessime e con stipendi scandalosamente bassi.
Per Covid-19 siamo il terzo paese al mondo per numero di morti per milione di abitanti, questo primato non trova giustificazione nell’età media della popolazione della penisola perché ci sono paesi altrettanto e più vecchi che hanno numeri cento volte più bassi, non si può spiegare con la densità abitativa perché ci sono paesi in cui la densità abitativa è anche maggiore i cui numeri sono largamente inferiori, tanto meno si può imputare al comportamento della gente perché ovunque ci sono stati i comportamenti più vari, oltre al fatto che siamo il paese che ha adottato misure di chiusura e di limitazione della libertà individuale più pesanti di qualunque altro.
Non si tratta invece del fatto che chi si sta arrogando il diritto di decidere dovrebbe altrettanto assumersi la responsabilità delle decisioni prese e, verificatone l’assoluta inefficacia, semplicemente scusarsi e togliere il disturbo? Se lo scopo di chi governa la penisola fosse quello di salvare vite, di tutelare la salute, probabilmente sarebbe già accaduto, purtroppo lo scopo è evidentemente quello di distruggere tutto pur di assecondare la guerra economica e commerciale che la Cina ha dichiarato al mondo.
Non facciamoci mettere gli uni contro gli altri da un governo complice di chi ci vuole silenziare e ridurre a semplici esseri utili solo nella misura in cui acquistano merce inutile prodotta altrove, uccidendo il nostro tessuto produttivo, ammalando il nostro territorio e noi.
Per reagire è necessario non temere la morte, amare la vita, quella vera, piena e consapevole.
Non dovremmo temere la morte ma di esser costretti e di costringere chi amiamo a rinunciare a vivere.

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