Per prendere, bisogna lasciar andare
- arielshimonaedith
- 4 ore fa
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Partendo da una parte della conversazione avvenuta tra Ben-Gvir, Witkoff e Kushner
Ben Gvir: “Piacere, mi chiamo Itamar Ben Gvir.”
Witkoff: “Ci conosciamo.”
Ben Gvir: “Sono qui accanto alla lista dei terroristi che verranno liberati: assassini di neonati, stupratori di donne. Signori, negli Stati Uniti non li avreste mai rilasciati. Apprezzo il vostro lavoro e il sostegno a Israele, ma diciamolo chiaramente: non avreste mai sostenuto un accordo del genere. Inoltre, avete parlato di accordi economici e di pace. Con Hamas non si può fare la pace! Vogliono ucciderci.”
Witkoff: “Ti capisco, ma voglio raccontarti una storia personale. Ho perso un figlio per un’overdose. Volevo uccidere la famiglia di chi gli aveva dato la dose. Ma in tribunale ho visto i genitori, pieni di vergogna, che chiedevano perdono… e li ho perdonati.”
Ben Gvir: “Signor Witkoff, questa è la differenza: quelli che ci hanno massacrato il 7 ottobre non chiedono scusa. Le loro famiglie ne vanno fiere. Vogliono uccidere ebrei.”
Kushner: “Ma Hamas è isolato e deterrente in tutto il mondo.”
Ben Gvir: “Avreste fatto la pace con Hitler? Hamas è Hitler. Vogliono ucciderci.”
Questo breve scambio contiene qualcosa di essenziale per noi in questo momento: siamo chiamati a perdonare i terroristi? E' davvero necessario per noi? Sarebbe giusto?
Ebbene secondo me no, noi siamo chiamati a perdonare chi chiede di essere perdonato, chi si mostra realmente pentito per ciò che ha fatto contro di noi. E soprattutto non credo che chiunque possa sentirsi autorizzato a perdonare un crimine commesso verso qualcun altro.
Noi sappiamo che a Kippur possiamo ricevere il perdono se chiediamo perdono a Dio per ciò che abbiamo fatto o non fatto a Lui, per Lui. Ci viene detto chiaramente che ciò che abbiamo fatto al nostro prossimo non può esserci perdonato da Dio, dobbiamo chiedere scusa alla persona, questa può decidere di perdonarci o no, generalmente si considera che chi non accetta scuse sincere probabilmente non merita a sua volta d'essere perdonato, neppure da Dio. Ma restiamo sulla concretezza, il perdono non è incondizionato è relativo al pentimento, al fatto che noi o chi ci chiede scusa abbia compiuto un percorso e che abbia compreso di essersi sbagliato.
La teshuvà si considera completa quando una persona trovandosi esattamente nella stessa situazione non farà più l'errore che ha fatto in precedenza, per essere chiara prendiamo una cosa che magari a chi non è ebreo può sembrare banale: ho mangiato cibo non permesso, mi sono resa conto che non avrei dovuto farlo, ho chiesto perdono durante Kippur, mi trovo davanti a cibo non permesso il giorno dopo Kippur e scelgo di mangiarlo, probabilmente non ero così consapevole di avere sbagliato e neppure ero sicura d'essere stata perdonata quindi commetto lo stesso errore. Se io sono convinta che le mitzvoth sono date da Dio, per me, per il mio bene, per la gioia della relazione con Lui a prescindere che io sia capace o meno di capire il perché mi chiede di fare o non fare una determinata cosa, se ho assaporato la gioia della Emunah, della fede, e so che mi ha perdonato, sarà per me una gioia restare e fare o non fare ciò che Dio mi chiede. Perché io migliori, perché io cresca, perché io sia felice ed abbandoni il senso di colpa, è necessario che io abbia compiuto l'intero percorso.
Esattamente lo stesso vale per il male cha abbiamo fatto al nostro prossimo: se io uccido o tento di uccidere una o molte persone, mai sia, e l'ho fatto con convinzione, cattiveria pura, senza neppure sapere chi fossero queste persone, solo perché appartengono ad un gruppo, popolo, nazione, genere, etnia che non mi piace, quindi non l'ho fatto per difendere me stessa o la mia famiglia, il mio popolo, l'ho fatto per puro desiderio di sangue, di morte, addirittura con piacere e se mi trovassi nelle condizioni di rifarlo lo rifarei, ebbene spero di non essere mai perdonata dalle mie vittime, dalle loro famiglie, dal loro popolo perché altrimenti non potrei mai capire di avere sbagliato e non potrei mai compiere un percorso di rettificazione che, rendendomi meno sanguinaria potrebbe fare in modo che io non andassi più in giro ad uccidere tutti quelli che non mi piacciono. Perché dovrei cercare di cambiare, perché dovrei smettere di uccidere gli ebrei, se comunque vengo perdonato, se nessuno mi impone di pagare per il male che ho fatto imponendomi una pena?! Come posso rettificare la mia anima, tornare ai precetti di Dio, essere qualcuno con cui è possibile vivere?! Chi chiede che si perdonino i terroristi senza che questi neppure lo chiedano né ammettano il proprio sbaglio stanno danneggiando sia loro che noi!
Quindi credo che il popolo ebraico non debba perdonare i terroristi e per essere del tutto chiara, ovviamente non deve chiedere perdono ai terroristi perché questi continuano a costringerci a difenderci e purtroppo anche ad ucciderli!
So con certezza che una delle cose più devastanti per Israele, per ogni persona costretta a combattere, costretta a difendersi a difendere la propria famiglia, il proprio popolo dal terrorismo, è essere appunto costretta a uccidere perché Israele, ognuno di noi, conosce con precisione il valore della vita, la vita tutta, dell'umanità intera, ma anche di ogni creatura vivente.
I terroristi che ci colpiscono amano la morte, anelano alla morte, per loro la vita non ha alcun valore, le madri mettono al mondo i figli sperando che muoiano uccidendo il maggior numero possibile di ebrei, di infedeli.
Perdonare chi lo rifarebbe, chi è felice di avere ucciso è profondamente sbagliato perché esclude la giustizia, esclude che chi commette un crimine venga punito. L'esistenza di un sistema giudiziario e di polizia giusto è necessario perché una società possa vivere e prosperare.
Perdonare per sentirsi buoni, per alleggerirsi non solo non ha questo effetto ma produce danni enormi. Non si tratta di vendetta, si tratta di giustizia.
Siamo esseri umani chiamati a fare ciò che Dio ci dice, dotati di libero arbitrio, ma non siamo Dio ed è proprio quando abbiamo la presunzione di essere Dio e di poter perdonare chi non si è pentito e neppure vuole essere perdonato, allora apriamo la strada a ciò che non siamo in grado di gestire.
Quando il dolore, la disperazione, la rabbia ci pervadono possiamo scegliere di avere totale ed assoluta fiducia in Dio, possiamo fare il nostro meglio per adempiere alle sue indicazioni e facendolo sapere che Lui farà in modo che ogni cosa, anche la più terribile, possa trasformarsi in bene. Noi non sappiamo né come né perché ma possiamo scegliere di restare nelle fede assoluta nella Sua presenza amorevole e giusta.
Ogni figlio ha bisogno di un padre che lo ami abbastanza da dirgli quando sbaglia.
Quindi oggi, firmato l'accordo per il rilascio degli ostaggi, a due anni dal pogrom di Hamas, come possiamo andare oltre?
Ho ricevuto questa storia che per me è una risposta possibile, un inizio ma anche una continuazione, radicata nella consapevolezza della gioia che accompagna da sempre il nostro popolo, nonostante tutti i tentativi di sterminio subito.
Nel silenzio di una piccola stanza in Inghilterra, un bambino di 10 anni di nome Alex Baron era in piedi davanti a uno specchio con tre vecchie palline. Cadevano più e più volte, e lui insisteva per raccoglierle.
Gli anni passavano e Alex non si fermava. Mentre i suoi amici uscivano a giocare, lui passava ore ad allenarsi – non solo con tre palline, ma con quattro, cinque, sei… Il suo obiettivo sembrava impossibile: destreggiarsi in aria con 11 palline✨️.
Per chi ha familiarità con la fisica della giocoleria, questo è un limite sovrumano. Dopo sole sette palline, gli occhi umani hanno difficoltà a seguirle e le mani quasi perdono il controllo. Ma Alex credeva che questo limite fosse solo nella sua testa. Documentava ogni tentativo, analizzava angoli e precisione nei programmi per computer, continuava a provare ancora e ancora, centinaia, migliaia di volte quando le palline cadevano, lui non smetteva, provava di nuovo.
Nel 2012, a 22 anni, si trovava in una piccola sala dell'Università di Cambridge, circondato da telecamere e ricercatori del Guinness dei Primati. Fece un respiro profondo, lanciò le 11 palline e il mondo si fermò.
Lancio, presa, lancio... 2 secondi, 3, 4... Le palline fluttuavano in aria, come se fossero in perfetta coordinazione.
Dopo 23 prese consecutive, afferrò l'ultima e il pubblico scoppiò in un applauso.
Alex Baron divenne la prima persona nella storia a far tintinnare 11 palline. E nel tempo è riuscito ad andare perfino oltre...
Quando gli chiesero come ci riuscisse, rispose:
"Il trucco non è tenere tutte le palline in aria, ma non aver paura quando cadono."
La giocoleria è un'arte antica e profonda se ne parla anche nel Talmud.
In occasione della Simchat Beit Hashoeva, la Libagione dell'acqua, al tempo di Chazal, si racconta di Rabban Shimon ben Gamliel, Nassi del Sinedrio nella generazione della distruzione del secondo Tempio il primo dei Dieci Martiri uccisi dai Romani:
"Quando era felice in occasione della Simchat Beit Hashoeva, prendeva otto torce luminose in una mano e le lanciava verso l'alto. Ne lanciava una e ne prendeva una, e nessuna di esse toccava la sua compagna..."
Trattato Sukkah, pagina 55.
Per prendere, bisogna lasciar andare. Nella giocoleria, se si insiste a tenere tutte le palline o tutte le torce in mano, il gioco si interromperà immediatamente. Lo stesso vale per la vita: finché ci si aggrappa alla vecchia rabbia, alla paura, al controllo o al passato, non c'è spazio per nulla di nuovo.
Tutto è iniziato a Simchat Torah due anni fa... e potrebbe finire a Simchat Torah quest'anno.
Che possiamo imparare a lasciar andare il passato e cogliere l'opportunità per un vero nuovo inizio, in generale e in particolare.
חג שמח ושבת שלום💐
Questo è quello che possiamo fare, lasciar andare.
Ma soprattutto oggi dobbiamo ringraziare tutti i soldati di Tzahal, che hanno combattuto con coraggio per Am Israel, specialmente chi ha sacrificato la vita e a tutti i feriti nel corpo e nell’anima. Senza di loro l'accordo e la speranza di pace non sarebbe stato possibile Grazie a chi ha pregato e gridato per i rapiti, senza restare indifferente di fronte alla sofferenza.
Grazie a Donald Trump, a Binyamin Netanyahu e a tutti i team coinvolti
per i grandi risultati ottenuti.
Am Yisrael Chai!

Passando per Kippur entriamo nella libertà e nell'opportunità della fede e della gioia di Sukkot. Qui siamo oggi nella Sukkah grati e consapevoli che ogni cosa ci viene da Lui.
Shabbat Shalom ve Chag Sameach

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