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Riappropriarsi delle parole

Riappropriatevi delle parole – le più precise, le più taglienti – che più accuratamente rispecchiano il vostro sentire.

E usatele per dire di voi e del mondo.

Spero che, al termine della lettura, possiate essere almeno un po’ bizzarri in questa confusa contemporaneità – capaci, attraverso l’arte delle etimologie, di reclamare sempre rispetto per voi stessi e per chi vi sta accanto, grazie alla cura delle parole che ogni giorno sceglierete.”

Questo invito, che termina l'incipit del libro di Andrea Marcolongo Alla fonte delle parole, mi ha imposto di restare esattamente lì per giorni, incapace di proseguire nella lettura, nel timore d’essere travolta dall'incontro con le parole, di ritrovarmi finalmente gioiosamente immersa nel superamento di quell'assenza di discorso che ha contraddistinto questi ultimi mesi. In un attimo ho compreso che le punture d’insetto, fastidiose compagne delle mie passeggiate in montagna, semplicemente stavano insegnandomi la nascita del pensiero bizzarro, pungolo che infastidisce e stupisce: muove.


Mi è bastato questo cenno all'etimologia, contenuta nell'incipit, perché il corpo del libro mi risultasse così desiderabile da sollecitare in me una gioia profonda ed inattesa, simile a quella recentemente provata nell'assaggiare la panna montata sul caffè. La sorpresa di piacere ed esultanza, magia spumeggiante a me prima sconosciuta, che compiace non tanto l'appetito quanto l’infantile golosità che precede qualunque inutile senso di colpa “dietetico”, quella sapienza felice che ci permette di ascoltare il desiderio di cibo senza giudizio, con istintiva certezza.

La panna montata è il piacere di ignorare il segreto della spumosa leggerezza, mentre il caffè amaro per me è da sempre godimento, unico del quale, nel corso della vita adulta, mai ho voluto rinunciare. Insieme si completano e si esaltano.

Da qualche mese per me la panna fresca montata nel caffè è non solo una possibilità ma un’abitudine che ha contribuito a restituirmi lucidità mentale e con essa la gioiosa opportunità di tornare alle parole, alla scoperta dell’origine ma anche all'incontro, all'insegnamento, all'apertura, alla giocosità che le parole, sia mescolate che sole, restituiscono all'anima.

Da questa sera, Sukkot per otto giorni mi farà vivere nella Capanna, serena nella certezza della generosità del raccolto, grata dell’imperfezione umana che è ancora capace di sollevare gli occhi al cielo per raccogliere pioggia e stelle.

Accompagnata da sapori, profumi e parole andrò alla ricerca della mia voce.

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