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  • Ariel Shimona Edith Besozzi

GUARDANDO I LAGHI E LE MONTAGNE: il mio 25 aprile


Parto dal lago, il clima non è invitante ma sento il bisogno di attraversare questa giornata in maniera differente, sento il bisogno di ascoltare la storia dalla terra. Mi avvio correndo lentamente, tutto il percorso sarà in salita e so che dovrò alternare corsa e cammino per non perdere il respiro e soprattutto per ascoltare ciò che mi circonda. Così il primo tratto, che decido di percorrere sulla strada, mi rende rapido l'accesso al bosco. Attraverso sentieri larghi, non ci sono passaggi difficoltosi, si tratta di un luogo che conosce la presenza umana da moltissimo tempo, da secoli. E' un luogo in cui la natura e la storia si incontrano e si sostengono. La storia rurale locale, purtroppo quasi totalmente dimenticata, le tracce della prima guerra mondiale e della seconda, anche queste spesso quasi sconosciute. Questo è il destino dei luoghi abitati oggi da chi non era qui prima, o non ha voglia di sapere cosa è accaduto prima di sé, chi non vuole avere una storia radicata nella terra che abita.

A me piace invece questo modo d'essere, semplice, di una montagna bassa, attraversata, conosciuta, ispezionata, intrisa di vita. Ascolto i rumori prodotti dai rami degli alberi fradici, i passaggi rapidi degli uccelli, delle lucertole. Salgo e ascolto. Il mio respirare affannoso e ritmato non riesce a coprire la sensazione del respiro lasciato da chi, nel passato, ha compiuto questi percorsi. Desidero portarmi in cima, nel punto in cui la vista si allarga sui laghi e sulle montagne attorno, le nubi mi impediranno di riconoscerne il profilo, ma il canto della vita e della morte giungerà a me. Le ore che mi portano su sono faticose, non posso che provare a comprendere quanto deve essere stato arduo, poco più di settanta anni fa, attraversare questi luoghi per portarsi verso il confine con la Svizzere, per tentare di fuggire dalla persecuzione fascista. Intere famiglie, certamente prive di scarpe tecniche fatte apposta per aderire al terreno fragile del bosco montano, di vestiti altrettanto confortevoli, portando invece con sé i pochi beni trasportabili, si affidarono per essere condotte oltre confine. Chi abita questa terra da generazioni sa che molti di loro vennero venduti ai fascisti da chi avrebbe dovuto condurli fino al confine ed all'attraversamento; il bosco nel versante opposto della montagna, ospita resti umani celati nelle parti più impervie e ostili, quelle percorse appunto da chi fuggiva dalla persecuzione fascista.

Sull'altra sponda del lago più grande che si apre sotto i miei occhi dal punto di osservazione cui giungo, i partigiani, hanno combattuto, sono stati uccisi o deportati in Germania.

La montagna, molto più alta di quella su cui mi trovo, che non vedo a causa delle nubi fitte, ma di cui conosco esattamente l'ubicazione, è il luogo in cui mio nonno all'età di 17 anni, venne fatto prigioniero e deportato in Germania. Sopravvisse, tornò, magro come uno spettro con dentro tutta la morte alla quale aveva dovuto assistere, colmo della speranza che la “liberazione” dal nazifascismo avrebbe portato giustizia e libertà per tutti. Certo del fatto che tutti quelli che avevano compiuto atti criminali per opprimere e reprimere chi non aveva accettato di sottomettersi alla dittatura fascista, sarebbero stati puniti, nonostante le ferite fisiche e morali era pronto a dare tutto sé stesso per costruire un mondo migliore, perché i suoi figli ed i suoi nipoti non dovessero mai più sopportare una dittatura crudele e feroce come quella che aveva dovuto sopportare lui.

Non fu così, i fascisti divennero antifascisti l'indomani del 25 aprile ed ancora oggi, i loro eredi, marciano nelle sfilate di commemorazione, con lo stesso piglio feroce, con lo stesso antisemitismo, con la stessa arroganza. Per questo preferisco oggi correre sotto la pioggia, nel bosco, ascoltando la voce di quanti hanno cercato di liberarsi, di quanti hanno combattuto contro la dittatura, di quanti attraversano la propria terra, la propria storia con il cuore aperto, pronti a conoscere, comprendere e se necessario combattere ancora.

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