Disobbedirono, per timore del Signore
- arielshimonaedith
- 20 ago 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Cosa saremmo noi oggi se le levatrici Scifrà e Pu’à non avessero disobbedito all’autorità?
Se non si fossero assunte il rischio di lasciare in vita tutti i bambini ebrei maschi?
Ciò che sempre mi appassiona della Bibbia è come narra l’umanità, tutta, descrivendone le caratteristiche: le migliori come anche le peggiori. Avviene così che conosciamo la straordinarietà di persone come il Re Davide che per la forza e la solidità della sua fede nel Signore sconfisse il gigante Golia, ma che per il desiderio di una donna commise adulterio e poi provocò la morte del marito di questa. Così impariamo, attraversando la Bibbia per intero, a riconoscere le nostre caratteristiche; comprendiamo come sia soltanto il timore del Signore a condurci verso comportamenti capaci di produrre eventi, così potenti da rendere possibile non solo la pienezza della vita, ma anche che si compia l'impensabile, come appunto la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana.
Ma torniamo alle nostre due levatrici che appunto “temettero Iddio, non fecero quello che aveva ordinato loro il re d’Egitto e lasciarono in vita tutti i neonati” (Esodo 1, 17) e quando vennero chiamate direttamente al cospetto del re che chiese conto delle loro azioni risposero “le donne ebree non sono come le egiziane, esse sono vigorose e prima che la levatrice giunga a loro, esse già hanno partorito” (Esodo 1, 19). Quanto può essere facile prendere in giro l’autorità che agisce guidata dal male?
Così semplice che al nuovo ordine di sterminare i bambini ebrei a disobbedire, con consapevole determinazione, in piena complicità con madri e sorelle ebree, sarà addirittura la figlia del re. La figlia del re d’Egitto agisce contro l’ingiusto decreto, sarà lei a salvare Mosè, a crescerlo come fosse suo figlio senza negargli la consapevolezza d’appartenere al popolo ebraico. Saranno queste donne che si oppongono a leggi ingiuste, che operano nel timore del Signore, a rendere possibile la liberazione del popolo ebraico. Potete leggere di questi eventi nei primi due capitoli del libro dell’Esodo, che in ebraico si chiama Scemoth: nomi. Sarebbe interessante parlare del valore dei nomi nella tradizione ebraica, ma lasceremo questo argomento per un’altra riflessione, oggi torniamo a chi ebbe il coraggio di agire guidata dal timore di D-o e non dalle leggi delle autorità, divenendo strumento del compiersi della volontà di salvezza del Signore.
Un altro episodio possiamo trovarlo in Ester (per cui vi consiglio la lettura del libro che prende nome da lei). Anche qui, una donna, sapendo di rischiare la vita propria e sapendo di avere una unica possibilità di salvare molte vite, chiese al Signore che guidasse le sue parole, pregò, digiunò, chiese al suo popolo, su cui pendeva la condanna a morte, di fare altrettanto: seppe affidarsi al Signore, contrastò l’ordine dell’autorità e rese possibile la salvezza.
Ciò che mi conquista di queste donne è la capacità di trare forza nel timore del Signore, una forza che le porta a disobbedire alle autorità, rischiando la propria vita, ma che dà loro anche la capacità di utilizzare le giuste parole, le giuste argomentazioni finanche la giusta ironia.
Da queste donne, che non sono gli unici esempi nella Bibbia, imparo che l’unico del quale devo avere timore è il Signore, che nulla di ciò che il maligno può mettere in campo, attraverso chi cede alle sue lusinghe anche se si tratta di chi governa, può farmi alcun male se resto con lo sguardo, la mente, il cuore nella certezza della amore del Signore. Come ci ricorda il Salmo 149 “Esultino i fedeli nella gloria, cantino di gioia sui loro letti. Abbiano in bocca le lodi di Dio, e una spada a due tagli in mano per punire le nazioni e infliggere castighi ai popoli; per legare i loro re con catene e i loro nobili con ceppi di ferro, per eseguir su di loro il giudizio scritto. Questo è l'onore riservato a tutti i suoi fedeli. Alleluia.”
Quindi, in questo tempo così difficile, in cui a tratti può sembrare che il male stia trionfando, in me si fanno strada le parole cantate da Deborah “Ascoltate, re, porgete gli orecchi, o principi; io voglio cantare al Signore, voglio cantare al Signore, voglio cantare inni al Signore, Dio d'Israele!” (Giudici 5, 3), che fu giudice ed agì la propria autorità nel nome del Signore, perché chi compie oggi azioni malvage e governa agli ordini del maligno possa redimersi.

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