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La meravigliosa "fase dei perché"

Chiunque mi conosca personalmente sa che, nonostante abbia superato da moltissimi anni l’infanzia, non ho ancora superato quella che viene comunemente chiamata “fase dei perché”.

Chiunque abbia cresciuto uno o più bambini sa che esiste questa fase nella quale, guidato da meraviglia e stupore, il piccolo umano interroga su ogni singolo particolare generando nell’adulto a tratti compiacimento a tratti impazienza. Immaginate come possa essere faticoso per i miei genitori dopo tanti anni, in procinto oggi di crescere i propri nipoti, avere ancora una figlia che continua a fare domande.

Fortunatamente ho sposato un uomo che ha una predisposizione simile alla mia ad interrogarsi e quindi raramente si scoraggia, più spesso aggiunge ai miei quesiti i suoi.

Grazie a questa caratteristica non ho mai smesso di studiare, cercare, valutare. Può essere sfiancante ma ogni volta che cedo alla tentazione di prendere per buono qualcosa che viene detto, in particolare qualcosa che viene detto dai più, mi ritrovo a fare i conti con la noia e soprattutto con una profonda e insostenibile insoddisfazione.

Perché?

In me si apre un dibattito.

Come potrebbe essere altrimenti?

Ebbene ogni tanto potresti anche prendere per buono quello che ti viene detto.

Potrei, ma, nel corso della vita, mi sono accorta che raramente mi basta.

D’altro canto non si può sapere tutto, mi viene spesso ricordato.

Per fortuna no, ma certamente si possono compiere delle ricerche, in qualunque ambito, e poi si può fare esperienza.

L’esperienza insegna spesso molto più della teoria, la maggior parte delle cose belle della vita possono essere conosciute soltanto facendole, altrettanto si potrebbe dire delle cose brutte. D’altro canto ci sono esperienze che non è necessario fare, o meglio sarebbe utile che prima di farle valutassimo quali sono i costi ed i benefici che ne possono derivare.

Per esempio ognuno di noi ad un certo punto della propria vita potrebbe avere incontrato qualcuno che gli ha proposto di provare qualche sostanza come cocaina, eroina, ebbene a me è accaduto ma ho valutato, sulla base della mia personale ancorché prematura conoscenza con utilizzatori abituali di tali sostanze, che, quel tipo di esperienza non m’interessava. Nello stesso modo, quando, a fronte di un periodo particolarmente difficile, un medico specialista mi ha prescritto un antidepressivo ho deciso, conoscendo utilizzatori di antidepressivi, che avrei affrontato la depressione piuttosto che diventare dipendente da un farmaco. In entrambi i casi la maggior parte delle persone che mi circondavano avevano fatto la scelta opposta a quella che ho fatto io, questo mi ha isolata, emarginata per un periodo, in alcuni casi ha significato addirittura perdere la relazione e questo mi ha fatto soffrire, ma credo comunque per me sia stato meglio così.

Si tratta di scelte, compiute sulla base di esperienza e conoscenza, non si tratta di scelte giuste o sbagliate, ma di scelte personali che ognuno di noi può compiere oppure no. Quando scegliamo di non scegliere e semplicemente ci affidiamo, ci lasciamo trascinare dal gruppo, consegniamo nelle mani di un’altra persona qualcosa che potenzialmente modificherà radicalmente la nostra vita (nei casi citati certamente modificherà la chimica del nostro cervello, irreparabilmente).

Ci sono scelte che possono avere conseguenze più gravi, altre meno; ci sono scelte che possono sembrare banali ma che avranno conseguenze enormi non solo nell’istante in cui vengono fatte ma anche nel futuro o magari avranno conseguenze gravissime per gli altri, per chi verrà dopo di noi.

Ebbene, cosa dovremmo fare, stare lì a ponderare ogni singola piccola azione?

Perché no?

Perché non dovremmo concederci l’opportunità di essere curiosi, di andare a guardare le carte?

Le più grandi scoperte fatte dall’essere umano non sono forse frutto di curiosità e ricerca?

Per quale motivo esistono gli aerei? Perché qualcuno ha deciso di provare e non si è accontentato della prima risposta. L’esperienza degli altri può essere utile, sia per non fare la stessa cosa che per fare la stessa cosa e magari addirittura andare oltre.

Perché non dovremmo interrogarci in merito a quello che sta accadendo da un anno a questa parte? Perché dovremmo fidarci di quello che ci viene raccontato? Perché non dovremmo concederci l'opportunità di leggere e conoscere? Mi rendo conto che non è semplice, che la paura che ci è stata instillata in dosi massicce agisce come un paralizzante nervino, vi chiedo soltanto di incuriosirvi e prestare attenzione a due cose:

la prima è guardare la differenza tra ciò che ci viene detto in merito alla gravità della situazione, alla congestione degli ospedali, alla condizione che imporrebbe l'inasprimento delle misure restrittive ed i dati riportati nel sito ufficiale del Ministero della Salute (https://www.agenas.gov.it/covid19/web/index.php?r=site%2Ftab2) che vedono addirittura un miglioramento dalla scorsa settimana,

la seconda è di fare mente locale sulle persone che conoscete che hanno preso il Covid a partire dall’autunno, sia quelle positive asintomatiche che quelle che hanno avuto sintomi, fermatevi un attimo a riflettere e chiedetevi, davvero è così grave da giustificare tutto quello cui ci stanno sottoponendo?

Come posso fidarmi di quello che viene raccontato quando gli stessi numeri pubblicati dal sito del Ministero contraddicono quanto dichiarato? Come posso non tenere conto del fatto che ormai la maggior parte delle persone che conosco hanno avuto il Covid e sono guarite?

Il costo maggiore oggi, alla luce dei numeri reali, alla luce del fatto che il virus viene curato per lo più in casa come un’influenza grave, è aprire tutto e cercare di salvare dalla rovina milioni di persone o restare chiusi?




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