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"Tornerai al Signore"


Questo è lo Shabbat che precede Rosh HaShanà, il capodanno ebraico. Nelle sinagoghe si legge la porzione Nitzavim nella quale è contenuto il passo che ci spiega cosa sia la Teshuvà: “tornerai al Signore tuo D-o e ne ascolterai la voce secondo tutto ciò che io ti comando oggi, tu insieme con i tuoi figli, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima.” Deuteronomio 30, 2

Spesso la parola ebraica Teshuvà viene tradotta con pentimento, ma il significato è più propriamente espresso da questo verso in cui si parla di ritorno: di un volgersi verso D-o, fatto di consapevole ascolto e azione, che deve coinvolgere il nostro cuore (con il quale ebraicamente s’intende il cervello), la nostra anima, ma anche quella dei nostri figli. Ci richiama alla traduzione in comportamento visibile e coerente con la trasformazione interiore. Qualcosa di così profondo da non modificare soltanto noi ma anche i nostri figli, e quindi attraverso loro, i figli dei nostri figli.

Siamo chiamati a sondare noi stessi alla luce della Torah, perché abbiamo fede nell’amore assoluto di D-o e sappiamo che, dopo avere valutato le azioni compiute in passato con rammarico ed esserci pentiti, avere chiesto perdono a D-o ed al nostro prossimo, non dobbiamo vivere nel rimpianto ma possiamo appunto scegliere di fare ritorno al Signore ed agire. Ciò dimostra che siamo stati trasformati intimamente, che non stiamo compiendo un percorso formale di ritorno a Lui ma che siamo pronti: “Io chiamo a testimoni per voi oggi il cielo e la terra: io ho posto davanti a voi la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli la vita, onde viviate tu e la tua discendenza amando il Signore tuo Dio, ascoltando la Sua voce e rimanendo a Lui avvinti, perché Egli è la tua vita e la lunghezza dei tuoi giorni,” (Deuteronomio 30, 19-20)

Ci troviamo tutti in piedi davanti al Signore quest’anno nel calendario civile, dalla sera del 6 settembre, a “Suonare lo shofar per il capo mese al tempo designato per la nostra festa” (Salmo 81,4)

Ci siamo preparati nel corso del mese trascorso per affrontare i dieci giorni che intercorrono tra Rosh HaShana e Yom Kippur “Giorni di timore reverenziale” Yamim Nora’im, abbiamo messo in ordine la nostra casa spirituale, siamo quindi pronti a comprendere cosa significhi l’Haftarà che si legge in questo ultimo Shabbat che contiene questo passo: “Io mi rallegrerò grandemente nel SIGNORE, l'anima mia esulterà nel mio D-o; poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli. Sì, come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare le sue semenze, così il Signore, DIO, farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni.” (Isaia 61, 10-11)

La Teshuvà parte dall’analisi dell’anno passato ma non si radica nel pentimento, non ha come fine quello di un ciclico e continuo alternarsi tra distanza e ritorno al Signore. Quello che possiamo fare e scegliere è che D-o sia costantemente in noi, che ci guidi e che ogni azione, preghiera, pensiero siano parte del ritorno alla condizione nella quale siamo stati creati: che la nostra vita, una volta scelto il Signore, divenga cammino costante con lo sguardo sempre rivolto a Lui, traboccanti del Suo amore per noi e per tutte le Sue creature, per l’intera Sua Creazione.



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