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  • Immagine del redattorearielshimonaedith

Scelgo la vita

Il 24 giugno 2022 la Corte suprema degli Stati Uniti ribaltata ed annullata la celebre sentenza Roe contro Wade che, dal 1973, aveva condizionato le legislazioni dei singoli Stati, obbligando a consentire l’aborto anche in assenza di problemi di salute, violenza e fino alla ventiquattresima (in alcuni casi addirittura alla ventottesima) settimana di gestazione. Se a leggere questa notizia fosse stata la me stessa di 15/20 anni fa probabilmente si sarebbe espressa con commenti del tipo “siamo tornati indietro di 50 anni!” oppure “come si permettono di decidere al posto della donna” ma anche “l’unica che a diritto di decidere se tenere o meno un figlio è la singola donna!”.

Lo dico subito perché credo sia corretto essere chiara e sincera completamente, io la pensavo così, ero assolutamente convinta che l’aborto fosse un diritto delle donne e che nessuno, neppure il padre, avesse alcun titolo per intervenire in tale scelta.

Oggi la penso in maniera completamente diversa e considero questa sentenza un’opportunità, non solo perché domanda quanto meno una riflessione ed una discussione prima di ricorrere all’aborto, ma soprattutto perché impone a tutto il mondo occidentale, che, comunque lo vogliamo guardare, è fortemente condizionato da ciò che accade negli Usa, di ricominciare da zero a ragionare di che cosa significa abortire e perché non dovrebbe mai essere necessario.

Credo che abortire non sia mai una scelta facile, anche quando viene compiuta con apparente leggerezza, anche quando viene fatto seguendo le norme previste nel luogo in cui si è, in una struttura ospedaliera, nel più completo comfort e circondata da persone che non giudicano ma semplicemente assistono. Ebbene, anche in questo caso, anche nel caso in cui la donna che ricorre all’aborto lo ha già fatto e lo continua a fare, come se fosse “normale” perché è possibile, anche in questi casi abortire è devastante perché, sono convinta, arriverà un momento nella vita di quella donna in cui tutti i figli che lei ha scelto di non fare vivere, che lei ha scelto di ammazzare, ebbene ognuno di loro visiterà i suoi sogni, comparirà tra le pieghe dei suoi pensieri, si anniderà tra le sue braccia che stringono qualcosa o qualcuno e in quel momento la disperazione di quel gesto definitivo la trafiggerà lasciandola senza respiro, senza parole, senza senso...

Siamo state create per dare la vita, possiamo non essere in grado di avere figli, in alcuni casi senza motivo apparente, ma non possiamo rinunciare a creare e soprattutto non possiamo rinunciare ad amare la vita che si genera e che genera, possiamo tentare di incanalare il nostro amore verso altro, altri, verso noi stesse ma quel figlio assente, mai nato, perduto, rifiutato sarà per noi sempre un vuoto incolmabile.

Ciò che oggi vorrei sarebbe che tutte noi riflettessimo sulla devastazione che crea dentro ogni singola persona la possibilità di uccidere un bambino, il proprio bambino. Vorrei che tutti insieme ci adoperassimo per non giudicare quella donna che è rimasta incinta perché ha avuto una relazione occasionale, magari una relazione adultera, quella donna che viene accompagnata dal marito ad abortire perché un altro figlio costa, quella ragazzina che è rimasta incinta ancora prima di capire che cosa stava facendo... vorrei che per ognuna ci fosse una comunità capace di accoglierla di rispettarla, di accompagnarla nel tempo della gravidanza, aiutarla a dare la vita a quel meraviglioso dono che porta in grembo, vorrei che fosse possibile (anche in italia) scegliere di dare in adozione ad una coppia, una donna ed un uomo, che non possono avere figli. Vorrei che piuttosto che spendere migliaia di euro per fare abortire le donne si investissero per offrire la possibilità di scegliere la vita. Piuttosto che insegnare ai giovani che va bene fare sesso con chiunque in qualunque momento, in qualunque modo perché è giusto assecondare il desiderio, l’istinto, la libido, vorrei che si offrisse ad ognuno la possibilità di pensare che sia possibile formare una famiglia in giovane età e che non c’è niente di più bello che imparare ad amare crescendo, condividendo, anche soffrendo, una persona, quella persona non chiunque capita.

Negli ultimi 50/60 anni dietro la finta libertà del tutto è lecito purché sia possibile sono state abbandonate tutte le norme che ci sono state date dal Signore perché potessimo essere felici. Partendo appunto dal Non uccidere che è diventato lecito soprattutto quando chi viene ucciso non può parlare, non si può difendere, non può reagire: un bambino nel grembo di sua madre. Dietro la finta libertà di scegliere, alle donne, è stata tolta l’anima.

Come anche il precetto Non rubare, azione divenuta lecita, compiuta con spavalderia soprattutto da chi governa, per questo considerato giusto, desiderabile, degno di rispetto dai più: rubano quelli furbi e fanno bene.

Oppure Onora il padre e la madre, com’è possibile quando sono gli stessi genitori a desiderare di essere amici dei figli, tanto da rinunciare all’autorevolezza di cui i figli hanno bisogno per crescere? Invece no, abbiamo bisogno di onorare i nostri genitori perché ci hanno dato la vita, a prescindere da come si comportano perché così diverranno genitori e noi potremo invecchiare e dare vita ad una società giusta nel luogo in cui siamo chiamati ad abitare.

Volgiamo parlare della santificazione delle Feste? Dell’indicazione di lavorare per sei giorni e riposare per uno, e quello stesso giorno tutti insieme? Perché? Perché altrimenti il lavoro diventa il tuo idolo, perché altrimenti non conoscerai la possibilità di stare in quel giorno nella celebrazione della vita, insieme alla tua famiglia, alla comunità in cui vivi e conoscerai soltanto la solitudine assoluta, l’assenza di senso delle tue giornate e cercherai di riempire quel vuoto facendo qualsiasi cosa piuttosto che sentire che sei solo, ti butterai via.

Per questo motivo il Decalogo inizia così “Io sono il Signore tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa degli schiavi. Non avrai altro dio all’infuori di me.” Perché senza di Lui siamo persi, non sappiamo abitare la Libertà, perché senza la Sua Torah, senza le Sue norme siamo in balia del male e lo scegliamo e un passo dopo l’altro arriviamo ad uccidere senza neppure accorgercene. Ma quando uccidiamo, quando andiamo contro le indicazioni che il Signore ci ha dato uccidiamo noi stessi, un passo dopo l’altro, ci svuotiamo di senso, non sentiamo più il Suo amore, abbiamo sempre più paura. Temiamo il dolore perché senza di Lui non sappiamo come trasformarlo in insegnamento, abbiamo paura della malattia e sacrifichiamo vite sull’altare delle scienza nella speranza di non ammalarci (come se fosse possibile!). Senza di Lui abbiamo paura della morte perché non abbiamo vissuto, non abbiamo creduto in Lui, non sentiamo la Sua presenza il Sua amore, non abbiamo accolto la Sua salvezza per noi. Se rifiutiamo di seguire le indicazioni che il Signore ci offre attraverso la Parola, se non riusciamo a leggere nella storia che lì ci viene narrata la nostra incapacità di essere vivi senza di Lui, perdiamo la consapevolezza d’essere per l’eternità e che questo tempo qui, in questa nostra carne, è un passaggio, un’opportunità di compiere la Sua volontà, non la nostra, ed è soltanto questo che può renderci la gioia del Suo amore eterno ed incondizionato.

Per questo motivo questa sentenza è un’opportunità, di nuovo per ognuno di noi, di scegliere la vita, anche quando è faticosa. Perché solo alle Sue condizioni è Vita, alle nostre è una scorciatoia che ci porta inevitabilmente al male.


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